Il termine Internet of Things (in italiano Internet delle Cose) è stato coniato nel 1999 dal ricercatore britannico Kevin Ashton, cofondatore e direttore esecutivo di Auto-ID Center (consorzio di ricerca con sede al MIT). Introdotto in occasione di una presentazione presso l’azienda Procter & Gamble, il concetto fu poi sviluppato dall’agenzia di ricerca Gartner, divenendo quella struttura di oggetti connessi alla rete che conosciamo oggi.

Gli ambiti di applicazione delle tecnologie IoT sono diversi ed andranno a ricoprire quasi ogni momento della nostra vita quotidiana. Si prevede infatti che entro il 2020 si avranno più di 25 miliardi di dispositivi connessi, fattore non indifferente se si pensa alla portata economica del fenomeno: secondo John Chambers (CEO di Cisco) le previsioni per l’impatto economico dell’Internet of Things sono stimate a 19 Trilioni di dollari, mentre le analisi di McKinsey parlano di un impatto potenziale tra 3,9 e 11 trilioni di dollari all’anno.

I vantaggi di un’implementazione con le tecnologie IoT vanno ricondotti ai campi di applicazione: in settori quali l’agricoltura, il manufacturing, le smart cities ma anche ambiti della vita quotidiana, le tecnologie IoT potranno apportare notevoli benefici, sia ottimizzando costi e risorse, sia creando un ambiente più sostenibile. In generale, perciò, tutti i settori saranno interessati: dal manifatturiero alle città, dalla grande distribuzione alla domotica, al wellness e all’e-health, al turismo.

Secondo gli analisti, però, attualmente l’Italia non è nelle prime posizioni per quanto riguarda i fattori che permetteranno la crescita di tecnologie connesse. Le ragioni principali sono una mancanza di infrastrutture, di talenti ed una limitata capacità delle aziende di fare sistema. Altre nazioni Europee, come l’Inghilterra, la Francia e la Germania, hanno lanciato iniziative sull’IoT, ed in alcuni casi queste fanno parte di programmi del governo.

Se nel nostro Paese la situazione non cambierà, l’Italia resterà ai margini di questa nuova rivoluzione digitale, e ci sarà ovviamente un impatto negativo per quanto riguarda l’occupazione in generale e il know-how. Essendo l’IoT un settore molto ampio, non c’è un singolo operatore in particolare che possa fare da traino al resto delle aziende: ci vuole un approccio comune, condiviso, per permettere ai vari attori di lavorare sinergicamente e di portare avanti iniziative comuni volte allo sviluppo di questo settore.

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